martedì 31 maggio 2011

Ctesibio di Alessandria: la pompa a stantuffo

Funzionamento della pompa a stantuffo

Ctesibio è un ingegnere e inventore greco, vissuto  ad Alessandria d'Egitto nel III secolo a.c. Una delle più importanti e durature invenzioni di Ctesibio è la pompa per il sollevamento dell'acqua.
La pompa è costituita da due cilindri di bronzo nei quali, mediante un'asta girevole, vengono alternativamente alzati e abbassati due pistoni a tenuta. Entrambi i cilindri comunicano con un tubo verticale. Azionando la pompa nell'acqua, questa riempie i cilindri quando i pistoni corrispondenti si alzano, mentre quando si abbassano, grazie alla chiusura di opportune valvole, che le impediscono di rifluire nell’altro cilindro, è costretta a salire nel tubo.
I due ingredienti essenziali di questo congegno, la coppia cilindro-pistone e la valvola sono due elementi tecnologici di grande importanza, entrambi senza precedenti documentati e entrambi usati ancora oggi. Naturalmente la realizzazione di questa pompa richiedeva sia un livello avanzato delle tecniche di molatura, necessarie per assicurare la perfetta aderenza tra pistoni e cilindri, sia l’uso di un olio lubrificante (che menziona Vitruvio). I ritrovamenti archeologici di pompe di questo tipo dimostrano quanto fossero ancora usate in epoca imperiale.

lunedì 30 maggio 2011

Leonardo Da Vinci: le opere idrauliche

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Studi di acque, circa 1508
Nel Seicento Francesco Arconati figlio del conte Galeazzo, trasse dagli scritti vinciani un trattato che intitolò "Del moto e misura dell'acqua", che verrà pubblicato solo nel 1826.
Leonardo Da Vinci si dedicò a studi idraulici a partire dalla sua permanenza a Milano, già ricca di navigli e in Lombardia, solcata da un'ampia rete di canali.
Non si conoscono opere realizzate su suoi progetti; alcuni di questi, particolarmente grandiosi, sono attestati dai suoi scritti: un canale che unisca Firenze con il mare, ottenuto regolando il corso dell'Arno; il prosciugamento delle Paludi Pontine, nel Lazio, che si sarebbe dovuto realizzare deviando il corso del Fiume Ufente; la canalizzazione della regione francese della Sologne, con la deviazione del Fiume Cher, presso Tours.
Leonardo progettò anche macchine per lo sfruttamento dell'energia idraulica, per il prosciugamento e per l'innalzamento delle acque.

Il più grande cantiere di ingegneria idraulica al mondo: il MOSE di VENEZIA

Schema in profilo e in pianta, e localizzazione dell'opera.
Il MOdulo Sperimentale Elettromeccanico, noto come MO.S.E., è  un sistema opere di difesa costituito da  paratoie mobili a scomparsa, poste sul fondale, e da scogliere trasversali alla costa  in corrispondenza delle bocche di porto della Laguna di Venezia.  Il sistema, in corso di realizzazione, sarà in  grado di isolare la laguna dal Mare Adriatico durante i principali eventi di alta marea, con altezza compresa tra 110 e 300 cm. 
L'opera riguarda le tre bocche di porto del Lido, di Malamocco e di Chioggia, che collegano la laguna con il mare ed attraverso le quali si svolge il flusso e il riflusso della marea. La costruzione è iniziata  nel 2003 e se ne prevede la conclusione entro il 2014: ad oggi sono stati completati più del 60% dei lavori. L'opera verrà integrata con il rafforzamento dei litorali e il rialzo di alcuni tratti di riva.

Il video spiega nel dettaglio il funzionamento dell'opera e illustra il meccanismo che permette il movimento delle paratoie.


domenica 29 maggio 2011

Un monumento all'abilità ingegneristica e un monito a tenere conto dei limiti imposti dalla natura: la diga del Vajont

La diga nei giorni successivi al disastro
La diga del Vajont è la quinta diga più alta del mondo e la seconda ad arco.  E' nota in tutto il mondo a causa della frana del 9 ottobre 1963 che ha colmato buona parte del bacino idrico sviluppato a monte.  La frana riguardò circa 270 milioni di m³ di roccia (un volume quasi triplo rispetto all'acqua contenuta nell'invaso) e provocò un'onda di piena di circa 25-30 milioni di m³, che superò di 100 m in altezza il coronamento della diga. L'onda scavalcò il manufatto, che rimase sostanzialmente intatto seppur privato della parte sommitale, riversandosi nella valle del Piave, distruggendo quasi completamente il paese di Longarone provocando una strage: 1917 vittime.
Lo sbarramento è a cupola. Il suo spessore alla base è di 22.11 metri e quello minimo è di 2.9 metri. Il suo coronamento è lungo 190.5 metri con una corda di 161 metri, dotata di 16 scarichi di superficie e 4 scarichi in profondità.
Diga del Vajont
Il fatto impressionante è che la diga abbia resistito perfettamente, malgrado sia stata sottoposta a un evento franoso di simili dimensioni. Questo manufatto è diventato così, contemporaneamente, sia un monumento all'abilità ingegneristica sia un monito a tenere conto dei limiti imposti dalla natura e a tenere in necessaria considerazione gli studi geologici, soprattutto per opere di simile portata.
Ancora oggi la diga è perfettamente intatta e contiene al suo interno, al posto di una massa d'acqua, la parete del Monte Toc.

sabato 28 maggio 2011

La coclea: vite di Archimede

Vite di Archimede usata per sollevare acqua
Dettaglio del funzionamento

La coclea di Archimede è costituita da una grossa vite posta all'interno di un tubo. La parte inferiore del tubo è immersa nell'acqua: ponendo in rotazione la vite, tramite una forza esterna, ogni passo raccoglie un certo quantitativo di liquido, che viene sollevato lungo la spirale fino ad uscire dalla parte superiore, dove viene scaricata in un bacino di accumulo.
Sebbene sia attribuita ad Archimede sulla base di testimonianze storiche, recenti studi indicano che essa potrebbe essere molto anteriore, essendo stata utilizzata per irrigare i giardini pensili di Babilonia. Archimede, ad Alessandria d'Egitto per studi, avrebbe così importato in Italia lo strumento già conosciuto in area medio-orientale. È ancora usata in Olanda per il continuo drenaggio di acqua dai Polder accoppiata a motori che ne permettono il funzionamento.
Poiché la capacità di sollevamento è limitata dalla lunghezza del dispositivo, spesso vengono utilizzate più viti che lavorano in catena sollevando l'acqua su livelli successivi.

martedì 17 maggio 2011

Un ponte acquedotto sui monti della Val d'Aosta: il Pont D'Aël

Il Pont D'Aël sulla profonda gola del T. Grand Eyvia
Il Pont d'Aël, situato ad Aymavilles in bassa Valle di Cogne, rappresenta una delle più importanti testimonianze  dell'architettura romana, della sua capillare diffusione nelle provincie dell'impero e della  durevolezza delle sue opere. Corrisponde a un ponte con doppia funzione di passaggio pedonale e di acquedotto, studiati su due livelli differenti.
Si tratta di una grandiosa opera in muratura a blocchi di pietra da taglio, alta 56 m dal livello del corso d'acqua, il Torrente Grand Eyvia, per una lunghezza che supera i 50 m. Un'iscrizione collocata sul fronte nord consente la sua datazione all'anno 3 a.C. e ne ricorda il promotore e proprietario, un Caius Avillius Caimus Patavinus, cioè originario di Padova.

mercoledì 11 maggio 2011

I PROTAGONISTI

Vite di Archimede disegnata da Leonardo
Archimede, 287-212 a.c., coclea (vite di Archimede)
Ctesibio, III secolo a.c., Realizzazioni tecnologiche: pompa, orologio ad acqua, organo idraulico. 
Marco Vitruvio Pollione, I secolo a.c., libro ottavo del De Archiectura
Erone di Alessandria, I secolo a.c., organo ad acqua
Sesto Giulio Frontino, 30-104 d.c., De Aquaeductu Urbis Romae.
Leonardo da Vinci, 1452-1519 , opere idrauliche
Benedetto Castelli, 1577-1643, Della misura delle acque correnti
Jacob Leupold, 1674-1727, Theatrum machinarum hydraulicarum,
Bernard Forest de Belidor, 1698-1761, Architecture Hydraulique, ou l'art de conduire, d'élever et les Eaux de ménager pour les différents besoins de la vie

martedì 10 maggio 2011

Sesto Giulio Frontino e il De Aquaeductu Urbis Romae.

Roma, acquedotto dell' "Aqua Claudia".
Sesto Giulio Frontino era stato curator aquarum, cioè il responsabile degli acquedotti e dei servizi connessi; il trattato da lui scritto riflette la serietà e la scrupolosità del suo impegno.
Il De Aquaeductu Urbis Romae è di certo l'opera maggiore come interesse scientifico e documentario nello studio delle architetture idrauliche realizzate dai romani.L’opera contiene notizie storiche, tecniche, amministrativo-legislative e topografiche sui nove acquedotti esistenti all’epoca, visti come elemento di grandezza dell'Impero Romano e paragonati, per la loro magnificienza, alle piramidi o alle opere architettoniche greche.

La tecnologia dell'utilizzo dell'acqua nel "De Architectura" di Vitruvio.

Cloaca Massima (VI sec a.c.)
Nel  "De Architectura" (scritto tra il 27 a.c. e il 23 a.c) Marco Vitruvio Pollione inserisce un intero libro dedicato all'tilizzo delle acque, intitolato: "L'idraulica: reperimento delle risorse e conduzione delle acque" (libro ottavo).
In questo libro l'autore tratta, in 7 capitoli, diversi argomenti che riguardano acque meteoriche, termali, minerali e le loro virtù terapeutiche, il prelievo, la distribuzione e il collettamento delle acque.
In particolare:


[VIII, capo 2] De l'aqua de le pluvie


[VIII, capo 3] De le aque calide et le loro virtute


[VIII, capo 4] De la proprietate de alcuni loci et fonti


[VIII, capo 5] De li experimenti de le aque


[VIII, capo 6] De le perductione et libramenti de le aque, et instrumenti ad tale uso


[VIII, capo 7] In quanti modi si conduceno le aque





martedì 3 maggio 2011

I primi Acquedotti nella Roma antica.

Roma, pianta dei pricipali acquedotti.

I Romani sin dal tempo antico, compresero la fondamentale importanza di un adeguato approvigiomento idrico. Infatti, malgrado si trovassero sulle rive di grande fiume quale il Tevere, decisero di utilizzare acqua di miglior qualità. 
Inizialmente captarono le sorgenti più prossime alla città; in seguito, quando la loro portata divenne insufficiente, diedero inizio alla costruzione di acquedotti: il primo venne fatto costruire dal Censore Appio Claudio nel 312 a.c. captando acque di sorgenti poste a 16 km dalla città.
Nei secoli successivi i Romani diedero molta importanza a questo genere di opere pubbliche, per la cui realizzazione vennero utilizzati parte dei proventi delle campagne militari e a cui venne destinata una quota del bilancio pubblico.
In epoca imperiale gli acqueddoti romani raggiunsero una lunghezza notevole (con estensione fino a 87 km dalla capitale) e una portata confrontabile con quella attuale.